La teoria dei complessi di Jung e le neuroscienze

Abstract

 

Una riflessione sulla teoria dei complessi a tonalità affettiva di C.G. Jung e le ultime ricerche di neuroscienze basate sulle tecniche di neuroimaging con stimolazione audio-visiva del soggetto. In particolare la funzione del cervello limbico di prendere il comando in situazioni di stress e provocare una risposta automatica di tipo attacco, fuga o congelamento. 


E’ legittimo pensare che Jung, con la teoria dei complessi basata su osservazioni cliniche, stesse già descrivendo i meccanismi che oggi conosciamo attraverso i risultati di queste ricerche di neuroscienze.
Nel 1905 Carl Gustav Jung pubblica i suoi studi su “L’associazione verbale negli individui normali” [3] relativi agli esperimenti sulle associazioni di parole. Aveva notato che in alcuni soggetti alcune parole somministrate come stimolo suscitavano una reazione inattesa: i tempi di reazione si allungavano, o compariva una componente emotiva nelle reazioni non verbali del soggetto, o la parola che veniva associata risultava in qualche modo incongrua, con un nesso tangenziale rispetto alla parola stimolo. In queste particolari condotte, Jung ipotizza un coinvolgimento emotivo del soggetto innescato in qualche modo dalla parola stimolo. Nel 1934 Jung pubblica “Considerazioni generali sulla teoria dei complessi”, teoria che partendo dalle osservazioni sugli esperimenti relativi alle associazioni verbali, viene integrata dalle osservazioni dei dati clinici dei suoi pazienti.
Jung parla di complessi a tonalità affettiva, riferendosi a quelle situazioni in cui c’è un eccesso di energia psichica, affettività esagerata rispetto al contesto, tendenza all’agito, autonomia dalle funzioni dell’Io  [4].  Un complesso è “un insieme di rappresentazioni, pensieri, ricordi, in parte o del tutto inconsci, dotati di una forte carica affettiva” [1], che limita la libertà dell'Io. Una specie di buco nero che assorbe energie.

Neuroscienze

E’ interessante associare questi aspetti clinici della teoria dei complessi di Jung con i risultati delle ultime ricerche di neuroscienze, studi resi possibili dalle tecniche di neuroimaging in corso di stimolazione audio-visiva del soggetto, tecniche utilizzate a partire dagli inizi degli anni 90. In particolare mi riferisco agli studi di Van der Kolk [8], psichiatra attivo come clinico, ricercatore e docente nell’area dello stress post-traumatico dal 1970, fondatore del Trauma Center di Brookline (Massachusetts) e direttore del Complex Trauma Treatment Network.

 

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Paola Palmiotto

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