Muriel Barbery in “Una rosa sola” ci racconta di un risveglio alla vita.
Rosa, 40 anni, vive a Parigi e non crede né ama più niente. La sua vita si è spenta e nessuna luce può confortarla.
E’ arrivata la notizia della morte di suo padre, giapponese, che non ha mai conosciuto.
Così parte per Kyoto per la lettura del testamento. E’ piena di rabbia e risentimento per una infanzia invasa dalla tristezza di sua madre.
Kyoto è un mondo altro: delicato, gentile, rispettoso. Piano piano inizia il disgelo, con gesti delicati, piccoli accenni che lentamente fanno breccia nella corazza di tristezza che per anni l’aveva protetta da tutto.
Viene accolta nella casa di suo padre. E' una casa tranquilla che la sorprende con momenti di estrema bellezza.
Le piace molto la stanza in legno con al centro un acero, luminoso e maestoso.
Conosce Paul, il segretario di suo padre, che ha l’incarico di accompagnarla in questi suoi giorni a Kyoto.
Nel tempio di Shisen-do Rosa rimane incantata dai cerchi sulla sabbia.
Inizia a provare emozioni, bagliori di felicità che subito svaniscono nel vuoto interiore.
Il suo sarcasmo è tagliente, ma piano piano qualcosa si sta ammorbidendo.
Rosa riuscirà a ritrovare la sua scintilla?
E questo padre sconosciuto come può ricomparire ora, da morto?
Il Giappone si rivela lontanissimo e accogliente.
Rosa inizia a scoprire alcune somiglianze con questo padre fantasma.
Com’è possibile?
Muriel Barbery ci accompagna in questa trasformazione con gentilezza, senza forzature, con passi avanti e passi indietro, proprio come spesso accade nella vita.
Riuscirà Rosa a salvarsi?
Immagini create con AI