Quello che affidiamo al vento

di Laura Imai Messina

Ho letto questo libro per caso, senza aspettarmi nulla e invece … mi ha toccato l’anima.

 

Yui ha trent’anni ed ha vissuto la tragedia dello tsunami dell’11 marzo 2011. Quel giorno ha perso il suo paese, inghiottito dallo tsunami. Quel giorno ha perso sua madre, sua figlia e la gioia di essere al mondo. Superstite di quell’immenso disastro, naufraga nel dolore del suo lutto. 

 

Un giorno viene a sapere che a Bell Gardia, nel nord del Giappone, c’è “un immenso giardino sul fianco scosceso di una montagna, in mezzo è installata una cabina al cui interno riposa un telefono non collegato, che trasporta le voci nel vento”. Ogni anno migliaia di persone si recano lì ed alzano la cornetta per parlare con chi non c’è più.

 

“Per rimarginare la vita serve coraggio, fortuna e un luogo comune in cui dipanare il racconto prudente di sé.”

 

Prima le emozioni erano tutte aggrovigliate: dolore, rabbia, disperazione, colpa. E poi Yui ha trovato un luogo dove poter dipanare lentamente il groviglio, mettere ordine come si fa in un armadio al cambio stagione: il dolore da una parte, la rabbia nell’anta di destra, la disperazione nell’anta centrale e la colpa nell’anta di sinistra. Piano piano ha intravisto una piccola luce, qualcosa per tornare alla vita.

 

Con delicatezza viene narrato l’abisso e la strada per tornare.

 

“E poi? E poi Yui lo avrebbe presto scoperto. Che è un vero miracolo l'amore. Anche il secondo, anche quello che arriva per sbaglio. Perché quando nessuno si attende il miracolo, il miracolo avviene.” 

 

Una storia di resilienza che stupisce e accompagna nella strada del ritorno.